Un po’ di storia
La psicoterapia della Gestalt ha il suo battesimo a New York nel 1951 con la pubblicazione di “Teoria e pratica della terapia della gestalt” ad opera di Perls, Goodman e Hefferline. La psicoterapia della Gestalt trae le sue origini filosofiche dalla fenomenologia (Husserl) e dall’esistenzialismo (Heidegger). La fenomenologia si basa sull’osservazione del fenomeno così come osservato, tralasciando l’interpretazione.
Il metodo fenomenologico di Husserl veniva a integrarsi con la teoria di Heidegger (esistenzialismo) per cui la peculiarità dell’esistenza umana non era nell’essere un soggetto astratto o un oggetto naturale, ma un uomo concreto all’interno del mondo, entro il quale si orienta e progetta la vita .
L’essere nel mondo, l’esserci (Dasein) è il concetto introdotto da Heidegger che permette di superare la scissione tra soggetto (l’individuo) e oggetto (il mondo).
Altri importanti contributi provengono dalla psicologia della gestalt, dalla psicoanalisi e dallo psicodramma di Moreno.
La psicologia della Gestalt è nata nel 1912, da studi sulla percezione e da rapporti organismo ambiente, famosa è la frase di Christian von Ehrenfels “ il tutto è una realtà diversa dalla somma delle sue parti”.
Altra influenza importante viene da Kurt Goldestein, che elabora una teoria olistica, superando la scissione corpo-mente; e da Kurt Lewin, con la sua teoria del campo, che studia l’interdipendenza tra la persona e il suo ambiente sociale, con la creazione della dinamica dei gruppi, che lo rendono famoso in tutto il mondo, successivamente amplia la sua teoria dall’individuale allo psicosociale.
Un altro importante contributo si deve alla psicologa Bluma Zeigarnick, che pubblicò ricerche sui bisogni non soddisfatti; l’autrice assimila la persistenza della tensione così creata a “un quasi bisogno” di chiudere “la gestalt incompiuta”.
Chi era Fritz Perls?
La formazione di Fritz Perls era analitica, difatti intraprese diverse analisi, come quelle con Karen Horney, Clara Happel e Wilhem Reich. Con il suo testo pubblicato negli anni 40 “Ego, Hunger and aggression”, Perls elabora concetti nuovi, come quelli sulle resistenze orali, sull’aggressività, sull’importanza del presente e lo sviluppo della responsabilità individuale. Per questo motivo Perls fu considerato un eretico dagli psicoanalisti ortodossi.
Tuttava nel 1951, Perls preferì distaccarsi completamente dalla psicoanalisi, con la nascita ufficiale della psicoterapia della gestalt.
Le scissioni tra le scuole
Dopo la morte di Perls (1970) numerose sono le scuole di Gestalt sorte nel mondo, in sintesi si possono distinguere in tre filoni principali della psicoterapia della Gestalt, che tutt’ora hanno visioni molto discordanti tra loro, presentandosi come tre filoni nettamente separati: la gestalt della “testa”, quella del “cuore” e quella delle “viscere”.
La Gestalt della testa possiede una marcata impostazione teorica, quella del cuore è legata molto all’esperire delle emozioni, quella viscerale è stata influenzata dell’utilizzo delle filosofie Zen e Taoiste.
La psicopatologia nella Gestalt
Per la Gestalt l’uomo, quando vuole soddisfare un suo bisogno, contatta sempre l’ambiente, ma questo contatto con l’ambiente può risultare disadattivo.
Le modalità di resistenza al contatto con l’ambiente possono essere proiettive (utilizzo dell’ambiente per proiettare parti interne personali che non vengono accettate) retroflessive (indietreggio di fronte alle difficoltà) la confluenza (manca il senso d’identità personale, io e l’altro siamo uniti) introiettive (accettazione dall’ambiente di ciò che è dato senza pormi domande, per esempio, condizionamenti familiari) e deflessive (non entrare pienamente nei problemi, ma neanche nelle relazioni, si svicola per non assumere rischi e responsabilità).
Queste modalità per la gestalt sono un adattamento creativo, le uniche soluzioni che la persona ha trovato per adattarsi ad un ambiente che non rispondeva ai suoi bisogni.
L’analisi che dovrà fare il terapeuta è quanto quello schema, nelle attuali relazioni intra e intersoggettive del paziente, possa ancora essergli funzionale.
Persl, sottolinea il fatto, che l’uomo tende ad adattarsi all’ambiente, ma il suo è un adattamento ipocrita che lo fa vivere nel “sonno e nella finzione”.
Il bisogno forzato di adeguarsi ai canoni della società, secondo Perls, da vita ad una persona alienata da se stessa, “l’uomo di plastica”.
Come lavora la Gestalt
Lo scopo della Gestalt è di portare consapevolezza e integrazione nella persona, la Gestalt lavora non sulle cause del problema “il perché”, ma sul “come” il disagio si inserisce e si mantiene nel tempo. Altro aspetto fondamentale è il “qui e ora”, il potere e la possibilità di cambiare è nel presente.
Molti sono gli strumenti che il terapeuta della Gestalt può utilizzare: tecniche di drammatizzazione, fantasie guidate, lavoro con il corpo, il tutto attraverso lo sviluppo di un’empatia tra paziente e terapeuta.