Psicoterapia della gestalt: la sedia vuota

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La psicoterapia della gestalt ha il suo battesimo a New York nel 1951 con la pubblicazione di “Teoria e pratica della terapia della gestalt” ad opera di Perls, Goodman e Hefferline; per saperne di più sulla psicoterapia della gestalt, clicca qui per leggere il mio articolo integrale.

La sedia vuota

Per Fritz Perls la psicopatologia nasceva da una mancanza di integrazione tra le parti presenti dentro di noi e in questa sua teorizzazione fu influenzato dal pensiero della psicologa Bluma Zeigarnick sui bisogni non soddifatti. L’autrice assimila la persistenza della tensione così creata a “un quasi bisogno” di chiudere “la gestalt incompiuta”.

Frizt Perls usò moltissimo la sedia vuota su se stesso, con le sue parti scisse chiamate “top dog e under dog”, tradotti letteralmente come il capo branco e lo scagniozzo.

Attraverso la tecnica della sedia vuota, il paziente mette in scena una vera e propria pièce teatrale, dove può far parlare varie parti di sè che esprimono emozioni diverse, quelle che vengono chiamate polarità.

Per esempio: poniamo il caso che una parte della persona voglia mettersi a dieta, ma un’altra parte boicotti questa scelta, il terapeuta metterà due sedie, dove il paziente alternerà le due parti che vogliono cose diverse, fino ad arrivare ad un’integrazione.

Un altro caso da prendere in esempio; è il paziente ossessivo che rimugina su tutto e che quindi continua a farsi domande e risposte da solo, su quello che doveva e poteva fare o dire, anche in questo caso, attraverso il dialogo fra le due polarità in conflitto, il pazientà troverà pace e sollievo.

Vuoi vedere il mio video sulla ruminazione mentale? Clicca qui.

Aforsima di Fritz Perls: “Il nevrotico è una persona che non vede l’ovvio”.

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