Articolo di: Giuseppe Magnarapa
CINEMA E PAURA
Forse non ci avete fatto caso, ma le parole “cinema” ed “emozione” significano entrambe “movimento”: la prima viene dal greco e indica il “movimento esterno” nel senso meccanico, la seconda dal latino, significa “movimento interno”, anzi “movimento dall’interno”: e se il cinema altro non è che una serie di immagini ordinate in modo da dare la sensazione ottica del movimento, cos’è l’emozione se non la sensazione di qualcosa che si muove dentro di noi in modo gradevole o sgradevole a seconda dei casi?
Tutto ciò che si muove è qualcosa che cambia e che vive; che ci induce a spostare lo sguardo per seguirla o che crea, dentro di noi, uno squilibrio cui dobbiamo rimediare attraverso un adattamento emotivo destinato a ripristinare l’equilibrio turbato: attraverso la risata liberatoria, se si tratta di una situazione in movimento di tipo comico, il pianto di commozione se ha a che fare con l’amore o l’urlo di paura se essa mette a rischio la nostra integrità o la nostra stessa sopravvivenza.
E’ così che nascono i generi cinematografici, attraverso l’abilità di chi, manipolando alcune situazioni immaginarie, riesce ad evocare le nostre emozioni, come se quelle situazioni fossero reali.
Dopo aver assistito ad un film che ci è piaciuto, ci sentiamo come se una determinata situazione narrativa l’avessimo vissuta davvero: allo stesso modo di quando, uscendo da una palestra in cui abbiamo corso per venti chilometri sul tapis roulant, ci sentiamo come se quei venti chilometri li avessimo fatti davvero lungo un percorso fisico.
Perché la finzione cinematografica punta tanto sulla paura? Perché la paura è la più antica delle emozioni: è la paura primitiva del fuoco o dell’alluvione i due elementi ancestrali opposti tra loro, ma capaci entrambi, nelle loro manifestazioni estreme, di seminare morte e distruzione. Ed è, inoltre, la paura del nemico o del predatore.
Ma qual’ è la prima paura della nostra vita? La nascita stessa, il passaggio improvviso cioè dal grembo materno, caldo, silenzioso e accogliente verso un mondo fragoroso, abbagliante, pieno di spigoli e di minacciose superfici dure e sgradevoli al contatto. Tutte le altre emozioni, non sono altro che elaborazioni successive dell’unica paura originaria, a cominciare dal ridimensionamento di essa tra le braccia materne, procedendo verso l’attenuazione dei morsi della fame e della sete, la percezione di rilassamento procurata dal sonno o dalle cure parentali, fino all’inversione del sentimento originario di paura in quello del piacere.
Il cinema non è altro che la manifestazione proiettiva esterna di questo processo evolutivo, dato che può attivare un punto qualsiasi della filiera, suscitando emozioni alterne di segno contrario e dando così luogo ai generi cinematografici che ciascuno di noi predilige in base proprio al tipo di rapporto intrattenuto con le proprie emozioni.
La paura permea qualunque trama cinematografica, sia che si tratti di un film d’azione, di un giallo, di un horror e persino di un film d’amore, dove la paura si declina in relazione al possibile esaurirsi del sentimento positivo che coinvolge i protagonisti: ma anche nei film comici pieni di situazioni paradossali, la risata è sempre un modo di esorcizzare gli aspetti irrazionali del paradosso, poiché l’irrazionale di per sé è sempre, almeno potenzialmente, fonte di paura.
Il mio saggio, quindi, affrontando il tema della paura nella finzione cinematografica, tratta il rapporto tra film e mondo emozionale nel suo complesso. Infatti, così come il nostro cervello razionale ha bisogno di stimoli percettivi per sviluppare le sue facoltà e i suoi rapporti col mondo esterno, anche il nostro immaginario, cioè il cervello irrazionale, ha bisogno di stimoli per affrontare ciò che non si conosce, cioè il futuro o la parte inconscia di noi stessi: la paura diventa quindi uno stimolo essenziale per risolvere i problemi vitali. Essa è uno strumento indispensabile per affrontare l’ignoto, per attivare, cioè, le nostre scelte quando ancora non sappiamo se siano giuste o sbagliate: come l’ansia, la paura è una fonte straordinaria di energia, purché si impari a padroneggiarla evitando di esserne sopraffatti, esattamente come l’uomo primitivo ha imparato a padroneggiare l’enorme energia potenziale dell’acqua, del fuoco e dell’aria. Riguardo alla terra, abbiamo ancora qualche problema ad imbrigliare l’energia dei terremoti, ma chissà che un giorno non riusciamo a fare anche questo! E adesso alzi la mano chi osa ancora credere che la cinematografia del terrore sia di serie B; chi non si sia, almeno una volta, divertito nell’assistere ad un film pauroso, dove la paura si declina nei modi più svariati, dai mostri prodotti nell’inconscio del protagonista alle forze ostili e catastrofiche di Madre Natura!