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Definizione
Il concetto di timidezza riassume in sé diversi aspetti:
• Una certa introversione sociale, con paura delle critiche e una chiusura più o meno spiccata nei confronti di altre persone.
• Un senso di vergogna, di imbarazzo con tachicardia, facili rossori e sudorazione nelle occasioni sociali.
- Una scarsa o assente affermazione di se stessi nel parlare e nell’agire.
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Frequenza
Le manifestazioni di timidezza possono andare da un lieve disagio in presenza di altri ad una vera e propria paura irrazionale della gente, con insorgenza di notevoli problemi personali e sociali.
La timidezza è fenomeno molto comune. L’ 80-85% delle persone sostiene di avere o di avere avuto problemi di timidezza. Nelle varie statistiche solo il 5-10% delle persone sostiene di non avere mai provato sensazioni di timidezza, considerandola qualcosa al di fuori della propria personalità.
La timidezza è molto diffusa tra i bambini in età scolastica. Tra gli adulti, gli uomini e le donne ne sono interessati in eguale misura. In ogni caso, la timidezza diminuisce con l’avanzare dell’età.
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Tipi di timidezza
Una suddivisione molto importante ed utile è quella che distingue una timidezza funzionale e una timidezza disfunzionale.
1. La timidezza funzionale è quella forma di introversione che fa sentire la persona a volte a disagio e impacciata nelle situazioni sociali, ma che in fondo non crea troppi problemi nell’agire quotidiano, nei rapporti affettivi, nella scuola, sul lavoro.
2. La timidezza disfunzionale, invece, è caratterizzata da un notevole disagio sociale che si ripercuote in modo pesante sul lavoro, sullo studio, la vita di relazione e quella affettiva, portando la persona all’evitamento di quelle situazioni sociali nelle quali pensa di poter essere troppo esposta.
Dal punto di vista psicologico è chiamata fobia sociale, disturbo presente in circa il 5% della popolazione e può portare a complicanze come la depressione, l’abuso di alcol e di sostanze stupefacenti.
Insorge tipicamente nell’età adolescenziale.
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Sintomi
I sintomi della fobia sociale corrispondono esattamente a quelli di una crisi d’ansia: tachicardia, palpitazioni, sudorazione profusa, rossore, difficoltà di respiro, irrequietezza, vertigini, debolezza muscolare, ecc., che compaiono tipicamente al cospetto di persone e situazioni nuove.
La fobia sociale, se non trattata tempestivamente, tende ad assumere un decorso cronico e progressivo, perché non guarisce spontaneamente.
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Cause
Per spiegare le cause della fobia sociale esistono fondamentalmente due teorie: la teoria biologica e la teoria psicologica.
• La teoria biologica sostiene che i problemi emotivi derivino da un’alterazione genetica dei processi chimici del sistema nervoso. In particolare, questa sostiene che nelle cellule nervose di una persona ansiosa (quindi anche nella fobia sociale) ci sia un’alterazione dei neurotrasmettitori (come serotonina, noradrenalina, il GABA, ecc.). Quindi la terapia prevede l’uso di farmaci (ansiolitici, antidepressivi, ecc.) che sono volti al “riequilibrio” della chimica cerebrale.
- La teoria psicologica mette in primo piano gli aspetti cognitivi, di pensiero, della persona con fobia sociale. Il pensiero è incentrato sulla pericolosità delle situazioni, sul disprezzo sociale e sulla incapacità personale di fronteggiare tali situazioni.
Si tratta di pensieri che sono appresi fin da bambini dal contesto ambientale in cui si vive (es. genitori iperesigenti e critici), che in questo modo possono favorire lo sviluppo di personalità socialmente svantaggiate.
Esamineremo più dettagliatamente questi meccanismi psicologici in un prossimo articolo.
Fernando Di Rienzo
Medico Psicoterapeuta