di Giuseppe Magnarapa
COLPEVOLE, MA SOLO UN PO’
La condanna di Alberto Stasi a 16 anni di carcere per il delitto di Garlasco sembra la fotocopia di quella inflitta ad Anna Maria Franzoni per i fatti di Cogne: cos’hanno in comune questi due tragici episodi? Niente, a pima vista: a Garlasco è stata uccisa selvaggiamente una ragazza di buona famiglia che ha aperto la porta, in pigiama, ad un uomo che conosceva e che si è poi rivelato il suo carnefice: a Cogne è stata fracassata la testa ad un bambino di tre anni che, forse, stava piangendo, steso sul lettone della mamma. In entrambi i casi, confusione, incompetenza, improvvisazione e sfortuna hanno impedito di identificare con ragionevole certezza un colpevole forse non così difficile da identificare, date le circostanze oggettive che restringevano molto la cerchia degli ipotetici assassini.
Al contrario della confusione e della sfortuna che sono scarsamente preventivabili, ci si aspetta che almeno all’incompetenza e all’improvvisazione si possa porre rimedio, ma se osserviamo entrambi i casi con l’occhio disincantato dell’osservatore comune, ci rendiamo conto che ciò che li accomuna davvero anche ad altri casi simili, è l’enorme rilievo mediatico fornito dalla televisione e dai mezzi di comunicazione: un rilievo talmente enorme da impedire di discernere con serietà le informazioni realmente utili (che in casi del genere, dovrebbero restare riservate!) dalla massa di chiacchiere che schiere di avvocati narcisisti, psichiatri presunti esperti e magistrati in cerca di pubblicità ci hanno rovesciato addosso per mesi, a volte per anni, senza alcuna consapevolezza che tale spettacolarizzazione sarebbe stata inutile e soprattutto dannosa alle indagini, nonostante le arroganti asserzioni dei giornalisti “investigativi” di turno autonominatisi esperti al servizio delle Procure.
E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: i frullati di notizie ed informazioni concernenti i due casi, hanno dato luogo a cocktail indistinguibili, ma ugualmente stomachevoli, serviti alla pubblica opinione per non scontentare nessuno: la metà della pena massima prevista per quel reato sia alla Franzoni che a Stasi, consente a ciascuno di continuare a coltivare la propria convinzione circa l’innocenza o la colpevolezza dell’imputato di turno, senza che nessuno, a parte i pochi che ancora ragionano col cervello, osi far presente che sedici anni di carcere sono un’orrenda ingiustizia per un innocente e poco meno di un regalo per il colpevole. Poco male: l’importante è che tutti possano continuare a pensare di aver ragione, distraendo la propria attenzione da una Giustizia che fa acqua da tutte le parti e da quei magistrati che l’amministrano in modo a dir poco dilettantesco.