Le perizie psichiatriche servono ancora?

di Giuseppe Magnarapa

CAPACITA’ D’INTENDERE E DI FRAINTENDERE

Una cosa che accomuna tutti nella percezione dei fatti di sangue che quotidianamente ci vengono riferiti è il sospetto rabbioso che gli avvocati difensori cerchino di spacciare per matti i loro assistiti in modo da sottrarli alla giusta punizione.
“E’ solo uno sciocco dalla personalità disturbata” dicono oggi i legali di Boettcher, cercando di far leva proprio su questo, per ridimensionare le responsabilità dello sfregiatore; è arrivato il momento, perciò, di dire con chiarezza che l’ ineluttabilità del rapporto di causa-effetto tra disturbo mentale e capacità di agire è solo una gigantesca montatura assecondata, purtroppo, anche da molti psichiatri che intervengono in giudizio, come periti di parte. La distinzione tra capacità e incapacità di intendere e volere è molto più netta di quanto siamo indotti a pensare.
Le uniche malattie mentali che intaccano questa capacità al punto da rendere totalmente irresponsabile il paziente dei suoi atti, sono la Schizofrenia Paranoide, le gravi Psicosi Maniacali, le Demenze ed alcune affezioni organiche del cervello come l’Epilessia Temporale o i tumori dei lobi frontali: per riconoscere tali malattie sono sufficienti un colloquio di mezz’oretta e taluni semplicissimi accertamenti di base, poiché esse distorcono il mondo circostante agli occhi del paziente rendendoglielo talmente estraneo sul piano della realtà cognitiva, da provocare quadri clinici inequivocabili che qualunque studente al primo anno di specializzazione è in grado di diagnosticare.
In tutti gli altri casi di disturbi che coinvolgono i livelli istintuali delle emozioni, senza compromettere i nessi logici e le capacità cognitive del mantello corticale, in particolare dei lobi frontali e prefrontali, la capacità di intendere è sempre perfettamente conservata e condizionata soltanto dallo scarso controllo degli impulsi che, tuttavia, può al massimo intaccare la capacità di “volere”: per questo, il legislatore giudiziario, dovendo valutare le azioni commesse, ha previsto la mancata esistenza di entrambe, dato che dall’incapacità di intendere deriva necessariamente anche quella di volere, mentre non è vero il contrario. Ne consegue che in tutte le diagnosi di Disturbo di Personalità abitualmente effettuate su soggetti assassini, dobbiamo dare per scontata la totale capacità di intendere e volere, salvo, naturalmente, la coesistenza di altre patologie, come quelle descritte, che intaccando seriamente la prima, compromettano di conseguenza anche la seconda. Ma significa anche che, a mio parere, andrebbero abolite le perizie di parte il cui solo scopo è quello di pescare nel torbido delle vaghezze terminologiche tipiche della psichiatria per confondere le carte; dette perizie, tra l’altro, come l’esperienza personale insegna, non vengono tenute in alcun conto dal giudice il quale, giustamente alla prova dei fatti, prende in considerazione solo le conclusioni del perito di sua fiducia, cioè del CTU.